Dalla visione del profeta biblico
agli studi sull'edificio che poteva ospitare le "navi divine"
di Johannes Fiebag
(un piccolo estratto)
Nel 580 a,C, viveva in un getto di Babilonia il profeta biblico Ezechiele, un membro delle tribù israelitiche lì deportate qualche anno prima.
Nell'anno 584 Ezechiele, ancora giovane, durante una delle sue peregrinazioni nel deserto, vive un'avventura straordinaria: Un carro celeste si posa al suolo davanti ai suoi occhi; in cima ad esso egli scorge una figura, che di lì a poco incomincia a rivolgergli la parola.
Nel 580 a,C, viveva in un getto di Babilonia il profeta biblico Ezechiele, un membro delle tribù israelitiche lì deportate qualche anno prima.
Nell'anno 584 Ezechiele, ancora giovane, durante una delle sue peregrinazioni nel deserto, vive un'avventura straordinaria: Un carro celeste si posa al suolo davanti ai suoi occhi; in cima ad esso egli scorge una figura, che di lì a poco incomincia a rivolgergli la parola.
Nel testo biblico si legge:
"Nel trentesimo anno, al quinto giorno del quarto mese, mentre mi trovato tra gli Esiliati sulle rive del fiume Kebar, il cielo si aprì e vidi quindi levarsi un possente vento proveniente da Nord, accompagnato da una grande nube e da una grande massa di fuoco: un abbacinante bagliore la circondava, in mezzo alla massa di fuoco pareva di intravedere del rame".
Ezechiele descrive quindi quattro corpi, che ai suoi occhi avevano sembianze di animali, in ognuno dei quali egli ravvisa quattro ali. Da questi corpi si sprigionavano a più riprese dei lampi e avevano qualcosa di simile a mani umani posto sulle loro gambe. Tali gambe erano dritte e presentavano dei piedi arrotondati che rilucevano come rame lucido.
"Le strane figure", prosegue, "possedevano anche delle ruote".
"Come vidi le figure notai che ognuna di esse evidenziava una ruota. Le ruote avevano l'aspetto del turchese, erano tutte e quattro uguali e si presentavano come se fossero una all'interno dell'altra; esse potevano muoversi in tutte le direzioni e, nel muoversi, non si giravano".
"Come vidi le figure notai che ognuna di esse evidenziava una ruota. Le ruote avevano l'aspetto del turchese, erano tutte e quattro uguali e si presentavano come se fossero una all'interno dell'altra; esse potevano muoversi in tutte le direzioni e, nel muoversi, non si giravano".
E' interessante anche la descrizione di ciò che si trovava al di sopra di queste figure alate, fornite di gambe metalliche e di ruote:
"Sopra le teste delle figure si poteva scorgere una volta celeste, simile ad un cristallo; quando le figure si muovevano potevo udire il rumore del battito delle loro ali, che ricordava lo scrosciare di grosse masse d'acqua, come la voce dell'Onnipossente: un frastuono simile ad un reggimento in marcia. E al di sopra della volta posta sulle loro teste si scorgeva una specie di trono brillante come uno zaffiro, sul quale sedeva un essere simile ad un uomo: la sua figura emanava una grande luminosità, simile all'arcobaleno dopo il temporale; sentivo di trovarmi al cospetto della gloria del Signore, mi buttai quindi al suolo; e qualcuno prese a rivolgermi le seguenti parole: Alzati, figlio dell'Uomo, perché io possa parlarti. Come sentii questa voce, la vita ritornò in me".
Cerchiamo ora di immedesimarci nella situazione che visse Ezechiele: un sacerdote degli Israeliti, ha improvvisamente uno straordinario incontro con un carro celeste, in cui riconosce strutture che egli denomina ali, gambe metalliche, ruote, un corpo centrale ed infine un essere posto sulla sommità, seduto su un trono, che gli si rivolge verbalmente.
Nulla di strano, ma il giovane profeta, di fronte ad un tale spettacolo cade in preda ad uno shock per l'esperienza vissuta; parecchi giorni dopo infatti scrive:
"Mi riunii agli esiliati che vivenao lungo il fiume Kebar, a Tel Abib. Rimasi con loro sette giorni, completamente sconvolto".
Ezechiele descrive nel suo libro i ripetuti incontri che ebbe con tale veicolo spaziale ed il suo equipaggio. Per due volte egli venne preso a bordo della nave, per essere portato in un luogo lontano.
Nel 40° capitolo scrive:
"Nel venticinquesimo anno della nostra prigionia, all'inizio dell'anno, al decimo giorno del mese, la mano del Signore venne verso di me, per portarmi laggiù; là essa mi ripose su di un'alta montagna, ove stavano edificando qualcosa simile ad una città."
Ezechiele, che non può sapere dove in realtà è stato portato, pensa di trovarsi in una qualche regione di Israele.
"Davanti al tempio, sotto la porta di accesso stazionava un uomo di aspetto metallico che in mano aveva una squadra ed un cordoncino di seta".
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