Woman Shaman – © 2006 Max Dashu
Un proverbio Chukchee dice:
“Woman is by nature a
shaman.
La donna è per natura sciamana”(1)
La dimensione femminile di questo
‘regno’ di esperienze spirituali è stata spesso sottovalutata. Mircea Eliade
riteneva che le donne sciamane rappresentassero la degenerazione di una
professione originariamente maschile, benché fosse difficile spiegare come mai
tanti sciamani indossassero abiti femminili e assumessero atteggiamenti
femminili. Questa teoria così comune non tiene conto affatto delle tante
tradizioni diffuse, dai Buriati (Mongolia) ai Bwiti in Gabon, secondo i quali la
prima sciamana è stata una donna.
Di fatto, in alcune culture le
donne sciamane erano predominanti. Anticamente, in Cina e in Giappone e ancora
in Corea e ad Okinawa, come pure in Sud Africa (San) e nella California del Nord
(Karok e Yurok) ci sono infiniti esempi. Ma anche nel Cile del sud, dove
troviamo le Machi dei Mapuche, e nelle Filippine le Babaylan e le Catalonan. Le
immagini, le tradizioni orali, le descrizioni storiche mostrano invocatrici,
guaritrici, erboriste, divinatrici e oracolanti, danzatrici estatiche, donne che
potevano cambiare aspetto (shapeshifters), viaggiatrici sciamaniche,
sacerdotesse di antiche tradizioni.
Le Wu cinesi erano sacerdotesse
estatiche che danzavano su ritmi di tamburi e flauti fino a raggiungere uno
stato di trance durante il quale ricevevano gli shen (spiriti) nei loro corpi, e
sotto la loro ispirazione guarivano e facevano profezie parlando in varie
lingue, ingurgitando parole e sputando fuoco. Il potere degli shen che si
generava nelle danze si diceva avesse la capacità di sollevare gli oggetti in
aria per evitare che le Wu si ferissero. I visitatori greco romani in Anatolia e
in Cappadocia riferiscono nei loro racconti di viaggio che là le sacerdotesse
della Dea asiatica, chiamata dai greci Artemide Perasia, camminavano scalze sui
carboni ardenti senza ferirsi. (2)
Alcune tombe femminili in Asia
Centrale sono state attribuite a principesse sciamane dalle archeologhe Natalia
Polosmak e Jeanine Davis-Kimball. La principessa Ukok (5° secolo BCE) fu sepolta
con un abito adorno dell’Albero della vita, con felini dorati e uccelli sui
rami.
Simili ritrovamenti sono stati
rinvenuti a Ussun, Kazakistan del sud, e in Ucraina nel bacino del Tarim,
anch’essi con i temi ricorrenti dell’Albero della Vita sui copricapo, oltre ad
amuleti, incensi, borse mediche e specchi sacramentali. Specchi analoghi sono
stati trovati anche nella regione Bactrian in Afghanistan e si ritiene fossero
strumenti iniziatici utilizzati dalle adepte in Tibet. Le incredibili dee
mikogami in Giappone detenevano lo ‘specchio sacro’ della dea del sole,
Amaterasu. La presentazione visiva “Woman Shaman” include una sequenza di
immagini femminili che cambiano forma, trasformandosi in animali o in sella a
destrieri sciamanici. Questi temi sono ricorrenti in molte tradizioni e
vivacemente illustrati nella moderna arte artica dell’incisione. Un’ incisione
in avorio della tribù degli Aleut (circa 1816) mostra una sciamana che indossa
un maschera di animale.
(Altri esempi "Woman Riding a
Bear" by Cecilia Arnadjuk, Repulse Bay, Canada; "Woman/Polar Bear" by Odin
Maratse, Greenland; a walrus-tusked "Woman Shaman" by Nancy Pukingrnak of Baker
Lake; a half-woman, half-walrus piece titled "Woman Shaman Transforming Herself";
and "Medicine Woman" by Kaka of Cape Dorset.)
Le dervisce e le marabutte del
Nord Africa conservano dei titoli islamici, ma seguono pratiche più antiche. In
Tunisia le dervisce curano gli ammalati dalle possessioni dei jinn. Nel rituale,
suonano i tamburi per scoprire quali jinn abbiano causato le malattie, e quando
quello giusto viene colpito la persona ammalata comincia a danzare mentre la
sciamana derviscia parla allo spirito, chiedendo cosa abbia causato lo stato di
malattia e quale sia la cura necessaria. (3)
I Codici prodotti dagli artisti
Aztechi, subito dopo la conquista spagnola, mostrano donne che presiedono il
temescal (sweat lodge). Un’invocazione cantata dalle sacerdotesse riportata in
un’incisione dice : “Madre degli dei e di tutti noi, il cui potere creativo e
portatore di vita illuminò il Temescal - anche chiamato Xochicalli, il luogo
dove lei vede le cose sacre - rigenera ciò che è stato danneggiato nei corpi
umani, fa crescere forti le giovani e tenere cose, e aiuta e cura." (4)
I Canti di invocazione si sono
mantenuti fino ad oggi nella tradizione dello sciamanesimo messicano. Maria
Sabina, “la donna che sa nuotare nel sacro ”, pronunciava degli incantansi da un
profondo stato di coscienza alterata. L’imposizione della mani era parte della
sua pratica.
Un po’ più a nord in California,
Bernice Torrez dei Kashaya Pomo, guariva col tocco delle mani, rimuovendo così
gli spiriti della malattia dalla persona ammalata. Era la figlia di Essie
Parrish, la grande yomta, che significa “Canto”. Bernice, profetessa visionaria,
aveva il potere di cantare durante le cerimonie di guarigione e deteneva il
controllo degli elementi.
Canti e sonagli sacri sono
elementi importanti nella pratica di Katjambia, donna di medicina in Namibia.
Quando usa i sonagli invoca Njoo, Njoo, in un "linguaggio segreto dell’Angola."
Dopo aver assorbito le energie negative nel suo corpo, Katjambia ritorna al
fuoco sacro dei suoi antenati e a loro riporta e rilascia le energie.
Un canto della compositrice
cilena folk, Violeta Parra, celebra i poteri delle machi della tribù Mapuche,
descrivendo come presiedono le cerimonie guillatún e come grazie alle pratiche
sciamaniche curino gli ammalati e facciano smettere la pioggia che minaccia i
raccolti.
Il potere di guarigione delle
sciamane ha avuto una tale forza da esser stato occasionalmente descritto come
un potere di riportare in vita i morti.
Si dice che Pa Sini Jobu, grande
Tungutu (sciamana) della popolazione dei Bosso, nella regione centrale del
Niger, possedesse questi poteri. Col suo rituale di danza arrivava a raggiungere
l’estasi e si trasformava (shape shifiting) nella forma di un grande Uccello che
ci ricorda il mito di Iside. Sia la dea che le sciamane Tungo sono descritte nel
movimento di sbattere le ali sui
morti e riportarli così in vita; nel caso di Pa Sini Jobu si trattava di un
ariete (anche della maga Medea della Colcide si narra che riportò in vita un
ariete utilizzando un calderone, erbe e incantesimi).
Nell’Africa occidentale, la maga
Kulutugubaga ha il potere di guarire e riportare i morti in vita. Lei è l’ultima
delle Nove leggendarie Maghe di Mande.
Resuscitare i morti era una della
meraviglie operate da Yeshe Tsogyel, figura fondante del Buddismo Tibetano. Nel
testo “Lady of the Lotus Born”, racconta, "... in Nepal ho riportato in vita il
corpo di un uomo morto... Il mio corpo ha viaggiato nel campi celesti come un
arcobaleno..." (5) Questo peoma dell’VIII secolo è ricco di contenuti sciamanici,
rimodellati in un ambito buddista.
La religione sciamanica Bönpo ha
contribuito fornendo diversi elementi al Buddismo tibetano.. In un trattato
epico della Manciuria intitolato “Nishan la Sciamana”, si riporta la storia di
una donna, la sciamana più potente del paese. Nishan viene chiamata a far
rivivere il figlio di un ricco dopo che tanti altri avevano fallito. Lei suona
il suo tamburo, canta fino a perdere apparentemente i sensi mentre fa un viaggio
nell’aldilà dove incontra Omosimama, la "divina nonna", che "fa sbocciare le
foglie e allungare le radici," ha il potere di dare l’anima, ed è la protettrice
dei bambini. Era predestinata a diventare una grande sciamana!
Naturalmente, Nishan trova
l’anima del ragazzo morto, ma è perseguitata dal marito, anch’egli morto da
tempo, che vuole essere salvato e riportato in vita. Chiede allora l’aiuto a una
grande gru, che lo afferra e lo ributta nella città dei morti. Quando ritorna al
mondo ‘di sopra’, la sciamana viene salutata e onorata come eroina e ricoperta
di ricchezze. Successivamente, fu perseguitata dalle autorità di Confucio, che
l’ accusarono di non essere una moglie obbediente, e bruciarono così tutte le
sue regalie sciamaniche e il suo tamburo.(6)
Allo stesso modo, i colonizzatori
spagnoli perseguitarono le sciamane nelle Filippine, definendole “vecchie donne
che cavalcano i demoni”, “ streghe”, e distrussero i loro templi e oggetti
sacri. (7)
Le sciamane e oracolanti Maya
dovettero fronteggiare lo stesso trattamento; nel 1712 la principessa Tzoltzil
María Candelaria provocò una insurrezione in Chiapas per resistere alla
repressione che veniva perpetrata verso la religione indigena. Centinaia di anni
fa, il gesuita Acosta scrisse a proposito delle streghe peruviane, che erano in
grado di cambiare forma (shapeshifters) e potevano viaggiare nei cieli e
prevedere il futuro "tramite l’uso di certi sassi e altre cose che loro
veneravano”. Questa e altre fonti spagnole concordano nel ritenere che le
persone dotate di poteri magici erano soprattutto donne.(8) I colonizzatori
imposero i loro pregiudizi sugli sciamani peruviani, in particolare rispetto al
diavolo e agli unguenti che permettevano loro di volare, e perseguitarono le
sciamane quechua e aymara come le streghe in Europa.
L’inquisizione peruviana proibì
loro di utilizzare i sogni o i segni del cielo o visioni: "Quelle donne andavano
fuori dal paese di giorno e di notte, prendevano certe misture di erbe e radici
chiamate achuma chamico e coca, che intorpidava i loro sensi e le faceva entrare
in uno stato illusorio, e le illusioni e le scene fantastiche che sperimentavano
è ciò che loro chiamano rivelazioni o informazioni." (9)
Gli inquisitori misero sotto
processo la curandera Juana Icha perchè guariva con il potere delle divinità
quechua. Lei offriva del cibo a base di mais, coca e chicha agli spiriti della
montagna Apo Parato. Un informatore indio disse ai monaci che lei "venerava la
terra e le stelle e invocava l’acqua." (10)
Riferimenti
1. Czaplica, M. A. (1914)
Aboriginal Siberia, a study in social anthropology. Oxford:
Clarendon Press, p 243
2. Frazer, James (1955) The
Golden Bough: A Study in Magic and Religion. London: Macmillan, Vol. XI, 14
3. Early Modern European
Witchcraft: Centres and Peripheries (1988) ed. Henningsen, G,
and Ankarloo, B, Oxford: Oxford
University Press, p 211
4. Nuttall, Zelia (1901) The
Fundamental Principles of Old and New World Civilizations: A Comparative
Research Based on a Study of the Ancient Mexican Religious, Sociological and
Calendrical Systems. Cambridge MA: Peabody Museum
5. Dowman, Keith (1996) Sky
Dancer: The Secret Life and Songs of the Lady Yeshe Tsogyel. Ithaca NY: Snow
Lion
6. Nowak, Margaret (1977) The
Tale of the Nishan Shamaness: a Manchu Folk Epic. Seattle: University of
Washington Press
7. Brewer, Caroline (2001) Holy
Confrontation: Religion, Gender and Sexuality in the Philippines, 1521-1685.
Manila: Institute of Women’s Studies
8. Silverblatt, Irene (1987) Moon,
Sun, and Witches: Gender Ideologies and Class in Inca and Colonial Peru,
Princeton: Princeton University Press, p 171
9. Contramaestre, Carlos (1979)
La Mudanza del Encanto. Caracas: Academia Nacional de la Historia, p 204
10. Silverblatt, p 183
Tradotto da
Anonima Network Bologna Giugno 2006
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