"E' nella frontiera cellulare che si trova la chiave, ovvero
il passaggio della morte.
E se la trasformazione è possibile in un corpo è possibile
in tutti i corpi".
"Sarà proprio il corpo a gettare un ponte tra la vita fisica quale noi la conosciamo
e la vita sovramentale che si manifesterà".
"Sarà proprio il corpo a gettare un ponte tra la vita fisica quale noi la conosciamo
e la vita sovramentale che si manifesterà".
Sri Aurobindo (1872 - 1950) è
uno dei maggiori maestri spirituali dell'India moderna,
il suo insegnamento è rivoluzionario (come la sua personalità)
e contempla una trasformazione completa fino ai recessi più intimi
della materia e della natura biologica per realizzare quello che lui definiva
lo "stato sopramentale".
L'infanzia di Aurobindo lo vede in Inghilterra già dall'età di sette anni, per essere educato seguendo i canoni occidentali, secondo la volontà del padre.
Torna in India a vent'anni dopo essersi laureato a Cambridge
- suo padre è morto da poco - e si appassiona alla causa dell'indipendenza
indiana ("Il nostro vero nemico non si trova in una forza esterna
ma nelle nostre rumorose debolezze, nella nostra vigliaccheria, nel nostro
sentimentalismo dalla vista corta") e nel contempo si avvicina
allo yoga e alla meditazione.
Il contatto con lo yoga avviene in modo curioso, quando suo fratello
Barin - colto da una febbre quasi mortale - ottiene una guarigione
folgorante quando un monaco mendicante seminudo e coperto di cenere (un
Sadhu), gli porge un bicchier d'acqua su cui ha
fatto sopra un segno recitando un mantra; da lì Aurobindo capisce
che lo yoga possiede in sé un grande potere e ne intraprende lo
studio; tre anni dopo riceve l'iniziazione di un bhakti
yogi (yogi della devozione) e il suo
nome cambia in Sri Aurobindo.
Si sposa a 29 anni, ma sua moglie non saprà seguirlo nel suo cammino; nel 1906 si trasferisce a Calcutta - cuore della lotta politica - dopo aver passato qualche anno a insegnare francese e inglese all'Università del Principato di Baroda ed essere diventato segretario particolare del Maharaja.
A Calcutta diventa animatore del quotidiano politico Bande
Mataram (Salutiamo la Madre India) e aderisce
al partito estremista del Congresso; viene
accusato di avere preso parte a un attentato contro un magistrato britannico
e nel 1908 viene arrestato ed incarcerato per un anno.
L'esperienza dell'incarceramento sarà molto importante
per Aurobindo, comprende che l'oppressione straniera dell'India è
solo un aspetto particolare di un problema di portata ben più universale:
la trasformazione della natura umana ("Occorre
ribellarsi non solo contro l'impero britannico, ma contro l'intera natura
universale!"), così come - in parallelo - l'inedia
del popolo indiano rappresenta la mancanza di volontà dell'individuo
di trasmutare la propria natura.
Liberato dalla carcerazione, ma sempre tenuto sotto sorveglianza, Aurobindo si trasferisce clandestinamente nella colonia francese di Pondichéry guidato da una voce interiore, è qui che fonda il suo Ashram nel 1926, con l'aiuto di una collaboratrice spirituale che lui chiamerà Mére (la Madre), in quanto considerata incarnazione avatarica della Madre Universale.

Al secolo Mirra Alfassa, Mère nasce a Parigi nel 1878 da padre turco e madre egiziana, è una donna intensa, irrequieta e intelligentissima, riceve un'educazione matematico-scientifica ma studia anche musica e pittura (è amica di Rodin, Monet e di altri grandi impressionisti).
Mère sposa un pittore da
cui divorzierà per unirsi ad un filosofo, Paul
Richard, che finirà per condurla a Pondichéry ed
è qui che avviene l'incontro con Aurobindo,
riconoscendolo come quell'uomo vestito di bianco
che le appariva nelle sue visioni.
Nel 1920 si stabilisce definitivamente
a Pondichéry, dopo quattro anni passati in Giappone a contatto
con lo Zen e dopo aver sciolto il suo secondo matrimonio; vivrà
trent'anni accanto ad Aurobindo continuandone il lavoro anche dopo la
dipartita dal corpo (il 5 dicembre 1950), gestendo quell'ashram
che definirà "campionario delle difficoltà
umane".
Mère continua a praticare lo yoga della materia
e delle cellule fino alla sua morte nel 1973; la straordinaria storia
di questa esperienza pionieristica è descritta nei particolari
nei 13 volumi dell'Agenda di Mère,
redatta dal suo discepolo più amato, Satprem.
Aurobindo studia a lungo tutti i tipi di yoga tradizionali e li fonde
in una straordinaria sintesi: lo yoga integrale
o Purna Yoga (piena unione col Divino).
Secondo la visione classica dello Yoga è necessario ritrovare la
Divinità mediante un movimento di ascensione
e di trascendenza, Dio quindi non si trova nel mondo (che è
maya, illusione), ma al di là del mondo...
ebbene il Purna Yoga tenta di collegare questa "ascesa" con
una "discesa" del principio divino verso la Materia.
In
Aurobindo si fonde la cultura mentale occidentale e la visione sovramentale
orientale; Tagore, premio Nobel indiano per la
poesia, riconosce in Aurobindo un autentico profeta ("l'antico
Vate"): "L'India parlerà al mondo attraverso
la vostra voce".
Aurobindo pensa che non ci si debba distaccare
dal mondo e rinnegare la vita, ma cercare di cambiare la natura del mondo
e della materia (definisce questo concetto come il "Segreto
dei Veda").
Il punto di partenza per la ricerca di questa
completa realizzazione deve essere la consacrazione vera e integrale
di se stessi. ("La verità dello Spirito non deve
solamente essere pensata, ma vissuta; e per viverla, è indispensabile
un orientamento totale dell'essere. Una palingenesi come quella dello
yoga non può essere realizzata con una volontà divisa, con
una scarsa energia o con un pensiero vacillante. Colui che cerca il Divino
deve consacrarsi interamente e unicamente a Dio"), poi è
necessario apprendere il silenzio mentale,
in quanto per scoprire una nuova terra, bisogna lasciare quella vecchia,
e dunque per oltrepassare la mente bisogna portarla al silenzio.
Secondo Aurobindo l'essere umano è una specie in transizione, l'umanità si caratterizza per le proprie capacità mentali ma deve lasciare il passo ad una mutazione completa e permettere la nascita di un nuovo essere (che definisce sovramentale), la cui distanza dall'uomo è analoga alla distanza tra un uomo ed un animale.
Il vero Yoga Integrale deve poter diventare un
nuovo modo di essere ("non possiamo fare meditazione
e poi uscirne e ricadere nel caos, abbiamo bisogno di essere nella Verità
in ogni istante della nostra vita, nella vita interiore e in quella esteriore")
e deve condurre ad una mutazione fino al più
intimo livello biologico-cellulare ("Sviluppare la Supermente
significa sviluppare la divinità che è già dentro
di noi e farla scendere in noi fin nelle parti più remote delle
nostre cellule").
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