giovedì 28 febbraio 2013

ASSEFA, Il microcredito in India

Con l'iniziale assistenza degli operatori ASSEFA gli abitanti del villaggio individuano delle priorità,  e queste vengono finanziate con microcrediti

Foto ASSEFA, il microcredito in India
Incontriamo la Presidente di ASSEFA-GENOVA, Avv. Itala Ricaldone, per parlare dell’esperienza di ASSEFA in India nel campo del microcredito e dello sviluppo delle comunità rurali locali nel solco del messaggio di Gandhi in occasione dei 40 anni dell’Associazione.

ASSEFA è nata alla fine degli anni '60 dall’idea di un italiano, il Prof. Giovanni Ermiglia di Sanremo. Ci può raccontare brevemente cosa successe?
ASSEFA è nata su un terreno già “arato” dal discepolo di Gandhi Vinoba Bhave, che aveva avuto l’idea di chiedere ai proprietari terrieri il dono di qualche appezzamento di terra per aiutare i contadini nullatenenti. Vinoba riuscì a mettere insieme 4.200.000 acri di terreno (quanto la superficie della Regione Veneto). I contadini assegnatari dei lotti boodhan (terra-dono) risultarono, però, essere troppo poveri per coltivare quei terreni incolti per anni prima di arrivare ad un ipotetico raccolto. Nel 1968, ormai già vicino alla pensione, Giovanni Ermiglia ebbe l’idea di offrire ad un piccolo gruppo di assegnatari di Sevalur (Tamil Nadu) una somma sufficiente per liberarsi dal debito, che li teneva quasi schiavi del latifondista, e per avere il tempo e il modo di lavorare il terreno loro assegnato fino ad arrivare al raccolto. Si trattava di un microcredito, quando nessuno ne parlava ancora. L’idea più feconda fu quella di chiedere la restituzione del prestito non a proprio favore, ma a favore di altri assegnatari, dando così vita ad una spirale di sviluppo che ha continuato ad allargarsi. Non fu facile: i contadini assegnatari risposero “No: quel terreno non renderà mai nulla!” e solo dopo parecchia insistenza, per pietà verso quel signore che voleva aiutarli e veniva da lontano, si decisero ad accettare.

Come si è sviluppata in questi 40 anni e quali sono le attività di ASSEFA oggi in India?
L’idea di Giovanni non avrebbe avuto lo sviluppo attuale se non vi si fosse impegnato un giovane universitario di Madurai, Loganathan, che coinvolse altri giovani gandhiani per suggerire ai contadini i metodi migliori per coltivare quei terreni. Nel giro di due anni l’area era verdissima ed Ermiglia, tornato carico di dubbi a vedere che cosa fosse successo, rimase letteralmente “a bocca aperta”, come amava ricordare. L’esperimento era riuscito e poteva quindi essere replicato, per cui si cominciò subito a lavorare per aiutare altri assegnatari. Contemporaneamente, però, Giovanni e gli indiani, che si erano impegnati, sperimentavano e progettavano. ASSEFA non è un progetto nato a tavolino, è esperienza vissuta, lavoro e intelligenza. È attuazione delle idee di Gandhi per creare comunità. Comunità di contadini che lavorano insieme i terreni, poi comunità della gente di villaggi, apatica e diffidente: all’inizio occorrevano circa tre anni per riuscire a formare una riunione degli abitanti di poverissimi villaggi o gruppi di capanne. Poi con la presenza nello staff di una donna, Vasantha, nel 1978 è partito il progetto educativo per i bambini. Anche per loro la priorità era ed è formare comunità di scuola, perché imparino subito responsabilità, democrazia e nonviolenza. Ora è più veloce l’inserimento di nuovi villaggi, perché sono questi a chiedere di partecipare, vedendo la riuscita dei loro vicini. Così, al marzo 2008, i villaggi ASSEFA erano 9.766. Ora certamente hanno superato i 10.000. Vale la pena ricordare che l’attenzione dei dirigenti è olistica, vale a dire che tutte le esigenze primarie delle famiglie vengono prese in considerazione: l’agricoltura, l’artigianato, l’educazione, il commercio, la promozione delle donne, la sanità, l’ambiente, il rispetto delle religioni, la nonviolenza… Tutto è portato avanti con mezzi poverissimi, pensato, sperimentato e documentato. La tecnologia è inserita soltanto laddove allarga le possibilità di lavoro e di comunicazione e non crea dipendenza. Per esempio un trattore darebbe lavoro ad un contadino e centinaia di altri resterebbero disoccupati, per non parlare del costo dei pezzi di ricambio, mentre una pompa, che tragga l’acqua da un pozzo, dà possibilità di bonificare terreni che sarebbero aridi o semiaridi, da cui invece molti contadini possono trarre sostentamento. Gli impianti di lavorazione del latte rendono possibile il progetto caseario (di cui fa parte quello che intendiamo sostenere per la produzione del burro a Uchapatty) per migliaia di donne.

Parliamo di microcredito come volano nello sviluppo delle zone rurali indiane. Ci può raccontare come funziona nella realtà locale?
Il microcredito è, si può dire, il motore delle varie linee di sviluppo. Con l’iniziale assistenza degli operatori ASSEFA gli abitanti del villaggio individuano delle priorità e queste vengono finanziate con microcrediti. A mano a mano che questi vengono restituiti, c’è la possibilità di ampliare i progetti. L’ambito, però, in cui il microcredito trova la sua maggiore efficacia, è quello della promozione di genere. Le donne, che sono considerate una disgrazia quando nascono, perché saranno motivo di impoverimento della famiglia per via dell’usanza della dote, si sono rivelate capaci e affidabili, più degli uomini. Formare gruppi di donne, abituate all’isolamento e all’emarginazione, è stato un lungo lavoro. Inizialmente è stato un modo per poter parlare di fondamentali principi di igiene e di puericultura, ma poi è stato appunto sperimentato il microcredito al gruppo. Il che richiede un notevole progresso culturale, perché tutto deve essere registrato: riunioni, risparmi, prestiti, restituzioni. Per le donne è stata creata una filiera finanziaria mediante la quale sono diventate azioniste di una banca, la Sarvodaya Nano Finance Limited (SNF). Nel Convegno di otto giorni in occasione dei 40 anni di ASSEFA, che si è tenuto a Madurai nello scorso settembre, il Direttore organizzativo della SNF ha parlato di 73.000 gruppi di auto-aiuto, Self Help Groups, prevalentemente femminili.

La visione gandhiana del villaggio autosufficiente e dei suoi abitanti, Cittadini rispettosi della Natura e della Democrazia, può essere rivisitata e utilizzata oggi in un momento nel quale bisogna reinventare le regole economiche e sociali, a seguito della crisi mondiale che stiamo tutti vivendo?
Forse il villaggio non può più essere autosufficiente come era prima della colonizzazione inglese, ma l’integrazione tra villaggi, riuniti a centinaia a livello di Block, permette lo scambio tra vicini, col massimo ricavo e la minima spesa. ASSEFA ha creato per questo anche appositi mercati. Questa integrazione permette, inoltre, di evitare le monocolture con i rischi connessi e mantiene la diversificazione dei prodotti, rispettando così la varietà dei semi. Sono valori che stiamo scoprendo oggi con la crisi della globalizzazione. Certamente sarebbe bello importare i principi che regolano lo sviluppo dei villaggi ASSEFA: assemblee in cui tutti cercano il bene comune, disposti a sacrificare qualcosa per raggiungere un consenso condiviso, senza minoranze. Penso che qui da noi sia un’utopia irrealizzabile in questi termini, ma qualcosa potrebbe essere fatto specie nelle scuole.

Per avere dei Cittadini rispettosi della Natura e della Democrazia la scuola deve assolvere al proprio ruolo di educatrice. Tra i progetti ASSEFA c'è anche quello scolastico: com'è nato e come si sta sviluppando?
Appunto nelle scuole, a partire dalle materne, si può impostare un’educazione sociale, prima che la diseducazione che offriamo ai ragazzi prenda piede. È, anzi, urgente insegnare loro a considerare la propria opinione migliorabile nel confronto con le opinioni degli altri e che la convivenza richiede un qualche sacrificio delle proprie aspettative. Oggi è, però, più facile che si possa far capire la necessità del rispetto per l’ambiente, dell’agricoltura ecologica e dell’amore per gli animali. Tutto questo è presente nelle scuole ASSEFA. L’avvio del programma educativo e la pedagogia è dovuta alla sensibilità ed all’intelligenza di Vasantha, che nel 1978 lo iniziò chiedendo ad una trentina di madri di bambini in età scolare di risparmiare una ciotola di riso per l’alimentazione della maestra, maestra che fu lei stessa per diversi mesi nello sperduto villaggio di Vadugapatty (Tamil Nadu). Da lì si è esteso un progetto educativo che ha visto la creazione di migliaia di scuole di ogni ordine e grado, esclusa solo l’università. Il sostegno a distanza, che migliaia di italiani tramite ASSEFA-ITALIA hanno attivato con la modesta somma di € 150 all’anno, serve soprattutto per l’istruzione primaria.

Una delle caratteristiche di ASSEFA Italia è quella di non imporre mai scelte preconcette, ma di seguire i bisogni dei destinatari degli aiuti di cui si fa carico. Ascoltare e collaborare: potrebbero essere le due parole chiave del lavoro di ASSEFA?
Ascoltare e collaborare certamente sono due parole chiave per ASSEFA-ITALIA, ma per ASSEFA in India occorre anche aggiungere: suggerire, prevedere, organizzare. Il tutto in spirito di servizio. L’acrostico ASSEFA deriva dalle parole: Association Sarva Seva Farms, dove le parole indiane Sarva Seva significano “al servizio di tutti”. Chi è stato a visitare i progetti, ha potuto ammirare la completa disponibilità di Loganathan e Vasantha, degli insegnanti che vivono nei villaggi e collaborano anche con la popolazione, degli autisti e dello staff in generale.

Spese ridotte al minimo e bilanci trasparenti: è questo il motivo della fiducia e fedeltà dei vostri associati ed occasionali benefattori?
Sì, riforme a costo zero: come quella sanitaria, basata sulla responsabilizzazione già a scuola dei bambini, i kutty doctors “piccoli dottori”; di operatori sanitari nei villaggi, che estendono e rendono efficace l’opera dei medici, i quali raramente sono a completo servizio, come lo è invece la D.ssa Rani, che da un piccolo presidio di scuola di medicina e pronto soccorso a Gingee ha esteso la competenza alla zona costiera, colpita dallo Tsunami del 2004 nello stato di Pondicherry. Relazioni annuali, dichiarazioni dei revisori dei conti, che in India sono responsabili in proprio delle loro verifiche, nostre visite ai bambini “adottati a distanza” e ai progetti finanziati sono tutte forme che sostengono la fiducia degli amici italiani. Raccomandiamo, appunto, ai nostri collaboratori di vivere questi rapporti come amicizia e non come beneficenza, perché se riflettiamo su quanto si riceve, in termini di amicizia, di ideali e di proposta, constatiamo che dovremmo essere noi riconoscenti. Non è raro che, chi va in India a vedere il lavoro che là si compie, esprima questa riconoscenza, dichiarando di aver ricevuto molto più di quanto ha dato.

Alda Benazzi

domenica 17 febbraio 2013

One Billion Rising: the day after

da Michela Murgia condivido perché le sue parole sono anche le mie, e sono certa che le "sente" sue pure ogni altra persona che ha partecipato a "spezzare le catene"...

One Billion Rising è una di quelle tipiche manifestazioni che fanno molto parlare di sè solo quando sono già successe.

Pensa che la Littizzetto all'Ariston ha ballato anche lei, mi hanno detto via sms le amiche che in piazza a Oristano non c'erano volute venire perchè "a quell'ora c'è Sanremo".

Pensa che a Sassari c'era pure Michelle Hunziker, mi ha detto un amico a cui evidentemente le donne comuni non bastavano per stupirsi.


Quando lo rifate? mi ha chiesto poi con sincera ingenuità, quasi che la bellezza di quello che abbiamo vissuto ieri in piazza Eleonora a Oristano fosse uno spettacolo televisivo passibile di replica.


Come gliela spieghiamo a queste persone la consistenza del silenzio di duecento donne e uomini davanti alle immagini mostrate da Lorella Zanardo nella sala del consiglio comunale?

Come gliela racconto la potenza dell'emozione sul volto di Luisanna Porcu mentre spiegava alle donne presenti come funziona una relazione violenta, passo dopo passo, colpo per colpo?

E' davvero possibile che qualcuna di noi possa riportare il conforto che abbiamo provato mentre la giovane attrice in abiti medievali leggeva nella Carta de Logu le parole con cui Eleonora nel 1392 metteva nero su bianco il rispetto per le donne?

L'unica cosa che possiamo restituire a chi non c'era sono i video della danza Break the Chain, e per quanto piacevole risulti da guardare nella sua sincronia, significa qualcosa solo per chi le ha dato senso con il proprio corpo.


E ora cosa cambia?

Che differenza può fare una coreografia, per quanto ben eseguita?


Me lo hanno chiesto in molti ieri dopo la manifestazione e non credo sia un caso che a porre la domanda fossero tutti uomini. Suppongo che avrebbero voluto sentirsi dire qualcosa come "non cambia nulla se non cambiate voi maschi", ma questa cosa io non gliel'ho detta, perché non la penso.




Il messaggio più evidente del V Day è quello di averci costrette a dire con il nostro stesso corpo che il cambiamento viene da noi, dalle donne, dalle scelte che facciamo, dal valore che decidiamo di darci e dal modo in cui scegliamo di agire dentro ai nostri contesti. 

La prospettiva che il comportamento maschile cambi dipende anche da quanto noi siamo disposte a pretendere che cambi; da quanto siamo capaci di affermare che il nostro corpo non può essere deriso, offeso o considerato proprietà disponibile, nemmeno all'allusione, nemmeno in nome dell'amore.


Le leggi contro la violenza sono necessarie e le pene devono essere severissime, ma nessuna legge può fermare la mano che vuole colpirci e nessuna pena può impedire a chi vuol farci del male di trovare il modo per realizzarlo: l'unica cosa che può farlo è la nostra capacità di creare le condizioni perché dire basta diventi più semplice culturalmente e più sostenuto e protetto istituzionalmente.


La danza, il modo più immediato e universale per dire che lo spirito che anima un corpo non può essere imprigionato né violato, per quattro minuti è stata capace di fare quello che noi non avremmo nemmeno saputo spiegare. Chi non voleva capire non ha capito comunque, ma noi non lo abbiamo fatto per loro: lo abbiamo fatto per noi stesse, per vederci ballare insieme fianco a fianco e dirci a vicenda con il corpo, il ritmo e il sorriso che nessuna è sola davanti alla violenza, che tutte siamo pronte a dire "basta!" con lei. E qualche volta, se sarà necessario, lo faremo per lei.

Lucrezia, 7 anni, se ne è andata da quella piazza dopo aver ballato con sua madre accanto; non importa se non ha capito tutto: quello che ha visto oggi se lo ricorderà. 
Francesca ha 16 anni e non voleva venire, impaurita dall'idea di essere la sola giovane donna presente: invece ne ha trovate decine ed è andata via più forte. 
Elena si è portata dietro la sua piccola Annica, Giovanna è venuta incinta con il marito, Cristina invece il compagno lo ha lasciato a Cagliari perché "lui stava male, ma io dovevo esserci". 
C'erano Lucia e Marta, che stanno insieme e vogliono smettere di avere paura di dimostrarlo per timore che qualche maschio pensi che hanno bisogno di una lezione. 
C'era Pigi con sua figlia sulle spalle a cavalluccio, perché vedesse bene ogni movimento della danza di sua madre. 
C'era Federica, lei che per dire basta non ha aspettato il One Billion Rising, ma c'erano anche Betta e Giovanna, che incontrano tutti i giorni gli occhi delle donne che il coraggio di dire basta non l'hanno ancora trovato del tutto. 
Noi c'eravamo anche per loro e la nostra vigilanza non è finita con l'ultima nota di Break the Chain.


Un ballo non cambia niente. Siamo noi che cambiamo e cambiamo anche ballando.
Grazie a chi ha pensato che ieri fosse importante venire a dirlo.

martedì 12 febbraio 2013

Vandana Shiva’ - Dove tutto ha un prezzo e nulla ha un valore


Letto sul bellissimo blog di Maria G. Di Rienzo, qui condivido con mucho gusto:

(“How Violent Economic ‘Reforms’ Contribute to Violence Against Women”, di Vandana Shiva per Al Jazeera, 1.1.2013, trad. Maria G. Di Rienzo. Vandana Shiva è un’ecofemminista, attivista per la biodiversità e i diritti dei contadini, vincitrice del Premio Nobel Alternativo – Right Livelihood Award – nel 1993, autrice di oltre 20 libri e 500 dissertazioni accademiche, fondatrice della “Fondazione per la ricerca nella scienza, la tecnologia e l’ecologia”.)

La coraggiosa vittima dello stupro di gruppo di Delhi ha tratto il suo ultimo respiro il 30 dicembre 2012. Questo articolo è un tributo a lei e alle altre vittime della violenza contro le donne. (nota introduttiva dell’Autrice)


La violenza contro le donne è vecchia quanto il patriarcato, ma si è intensificata ed è divenuta più pervasiva nel passato recente. Si è volta a forme più brutali, come nella morte della vittima dello stupro di gruppo di Delhi e nel suicidio della 17enne vittima di stupro a Chandigarh.

I casi di stupro e di violenza sono cresciuti durante gli anni. Il National Crime Records Bureau (NCRB) registrava 10.068 casi di stupro nel 1990, che sono aumentati a 16.496 nel 2000. Con la cifra di 24.206 nel 2011, i casi di stupro fanno un incredibile balzo del 873% dal 1971, quando l’NCRB cominciò a registrarli. New Delhi è emersa come la “capitale dello stupro dell’India”: vi accadono il 25% dei casi.

Il movimento per fermare questa violenza deve essere sostenuto sino a che giustizia sarà fatta per ciascuna delle nostre figlie e sorelle che è stata violata. E mentre intensifichiamo la nostra lotta perché le donne abbiano giustizia, dobbiamo anche chiederci perché i casi di stupro sono aumentati del 240% a partire dagli anni ’90, quando le nuove politiche economiche furono introdotte. Abbiamo necessità di esaminare le radici della crescente violenza contro le donne.

Può esserci una connessione fra la crescita di politiche economiche violente, imposte in modo non democratico e ingiuste, e la crescita dei crimini contro le donne? Io credo ci sia.

In primo luogo, il modello economico che si concentra in modo miope sulla “crescita” comincia con la violenza contro le donne, non tenendo in conto il loro contributo all’economia. Più il governo parla, sino alla nausea, di “crescita inclusiva” e di “inclusione finanziaria”, più esclude i contributi delle donne all’economia e alla società.

Secondo i modelli economici patriarcali, la produzione per il sostentamento vale come “non-produzione”. La trasformazione del valore in disvalore, del lavoro in non-lavoro, della conoscenza in non-conoscenza, si ottiene tramite il numero più potente che governa le nostre vite, il costrutto patriarcale detto “Prodotto Interno Lordo” (PIL), che molti commentatori hanno cominciato a chiamare “Problema Interno Lordo”. I sistemi contabili nazionali che sono usati per quantificare la crescita come PIL sono basati sull’assunto che se i produttori consumano ciò che producono, in effetti non hanno prodotto per nulla, perché si situano fuori dai confini dell’area produttiva.

L’area produttiva è una creazione politica che lavora per escludere da sé i cicli di produzione che implicano rigenerazione e rinnovo. Perciò, tutte le donne che producono per le loro famiglie, per i loro bambini, per le loro comunità e società, sono trattate come “non-produttive” e “inattive economicamente”. Quando le economie sono confinate nel mercato, l’autosufficienza economica è percepita come deficienza economica. La svalutazione del lavoro delle donne, e del lavoro fatto nelle economie di sussistenza del Sud, è il risultato naturale di confini di produzione costruiti dal patriarcato capitalista.

Restringendosi ai valori dell’economia di mercato, così come definita dal patriarcato capitalista, i confini della produzione ignorano il valore di due vitali economie che sono necessarie alla sopravvivenza ecologica e umana. Nell’economia della natura e nell’economia di sussistenza, il valore economico è una misura di come la vita della Terra e la vita umana sono protette. La sua moneta corrente sono i processi che danno la vita, non il denaro o il prezzo di mercato.

In secondo luogo, un modello di patriarcato capitalista che esclude il lavoro e la creazione di ricchezza fatti dalle donne, approfondisce la violenza cacciando le donne dagli ambienti naturali da cui dipendono le loro vite: le loro terre, le loro foreste, la loro acqua, i loro semi, la loro biodiversità. Riforme economiche basate sull’idea di una crescita illimitata in un mondo limitato possono essere mantenute da un potere che si appropria delle risorse di chi è vulnerabile. L’arraffamento delle risorse che è essenziale per la “crescita” crea una cultura dello stupro: lo stupro della Terra, delle economie locali autosufficienti, delle donne. L’unico modo in cui questa “crescita” è “inclusiva” è che include numeri sempre più grandi nei suoi cerchi di violenza.

Ho ripetuto più volte che lo stupro della Terra e lo stupro delle donne sono intimamente connessi, sia metaforicamente nel dare forma a visioni del mondo, sia materialmente nel dare forma alle vite quotidiane delle donne. La sempre più profonda vulnerabilità economica delle donne le rende più vulnerabili ad ogni forma di violenza, incluse le aggressioni sessuali, come abbiamo scoperto durante una serie di udienze pubbliche relative all’impatto delle riforme economiche sulle donne, organizzate dalla Commissione nazionale sulle donne e dalla Fondazione per la ricerca nella scienza, la tecnologia e l’ecologia.

In terzo luogo, le riforme economiche tendono a sovvertire la democrazia e a privatizzare i governi. Il governo parla di riforme economiche come se esse non avessero nulla a che fare con la politica e il potere. Parlano di tenere la politica fuori dall’economia, anche nel mentre stanno imponendo un modello economico a cui danno forma le politiche specifiche per genere e classe. Le riforme neoliberiste lavorano contro la democrazia. Le riforme guidate dalle corporazioni economiche creano una convergenza di potere economico e politico, approfondendo le diseguaglianze e la crescente separazione tra la classe politica e la volontà del popolo che si suppone essa rappresenti. Questa è la radice della sconnessione fra i politici e l’opinione pubblica, di cui qui abbiamo fatto esperienza durante le proteste contro lo stupro di gruppo di Delhi.

Peggio ancora, una classe politica alienata ha timore dei suoi cittadini. Questo spiga l’uso della polizia per schiacciare le proteste nonviolente che abbiamo testimoniata a Nuova Delhi, le torture e gli arresti (Sori Sori a Bastar, Dayamani Barla a Jharkhand), le migliaia di violenze contro le comunità che lottano per non avere una centrale nucleare a Kudankulam. Uno stato privatizzato dalle corporazioni economiche deve giocoforza diventare rapidamente uno stato di polizia. Perciò i politici devono circondarsi di sicurezza al massimo livello, distogliendo le forze dell’ordine dai loro compiti di protezione dei cittadini ordinari e delle donne.

In quarto luogo, il modello economico del patriarcato capitalista si basa sulla mercificazione di tutto, donne incluse. Quando fermammo i lavori del WTO ministeriale a Seattle, il nostro slogan era: “Il nostro mondo non è in vendita”. Un’economia “liberalizzata” che deregolarizza il commercio, privatizza e mercifica semi e cibo, terre e acqua, donne e bambini, rinforza il patriarcato ed intensifica la violenza contro le donne. I sistemi economici influenzano le culture e i valori sociali. Un’economia di mercificazione crea una cultura di mercificazione, dove tutto ha un prezzo e nulla ha un valore. La crescente cultura dello stupro è l’esternalizzazione sociale delle riforme economiche. Dobbiamo tenere udienze pubbliche istituzionalizzate per le politiche neoliberiste, che sono lo strumento centrale del patriarcato nella nostra epoca. Se vi fossero state udienze pubbliche di chi lavora nel nostro settore dei semi, 270.000 contadini non si sarebbero suicidati in India, come invece è avvenuto sin da quanto le nuove politiche economiche sono state introdotte. Se vi fossero state udienze pubbliche di chi lavora sul cibo e in agricoltura, non avremmo un Indiano su quattro che ha fame, una donna indiana su tre malnutrita, e un bambino su due perduto o devastato a causa della denutrizione. L’India, oggi, non sarebbe la Repubblica della Fame di cui ha scritto Utsa Patnaik.

La vittima dello stupro di gruppo a Delhi ha innescato una rivoluzione sociale. Dobbiamo sostenerla, approfondirla, espanderla. Dobbiamo chiedere che la giustizia per le donne sia più veloce e più efficace, che i processi condannino rapidamente i responsabili di crimini contro le donne. Dobbiamo assicurarci che le leggi cambino, di modo che la giustizia non sia così elusiva per le vittime di violenza sessuale. Dobbiamo continuare a chiedere che vengano resi noti i politici che hanno precedenti penali. E mentre facciamo tutto questo, dobbiamo cambiare il paradigma vigente che ci viene imposto in nome della “crescita” e che sta alimentando i crimini contro le donne. Mettere fine alla violenza contro le donne include il muoversi oltre l’economia violenta formata dal patriarcato capitalista, verso le economie pacifiche e nonviolente che rispettano le donne e la Terra.

lunedì 11 febbraio 2013

One Billion Rising: foto dal mondo


Eve Ensler ci invita a danzare con questo grande intento comune, sentendo il nostro corpo, i nostri fianchi, la nostra anima, il contatto con la nostra Madre Terra, affinchè tutte le donne e le bambine siano al sicuro, amate, rispettate e libere. Lei pensa che questo giorno cambierà gli schemi mentali, i modelli e l'energia del pianeta. E che dal 15 febbraio in poi noi saremo comunque qui a proseguire un cammino dove regnerà la non violenza, e le donne saranno libere e al sicuro.
da Nico Corradini
Quando danziamo sentiamoci connesse a tutto il pianeta, a tutte le persone che danzeranno con lo stesso intento!!!!


Bhutan police are rising!
We salute our country's men in the uniforms for spontaneously pledging to say no to violence against women! The honourable Chief of Police has always been exemplary!!

Perú is Rising!
En las actividades participan los reconocidos actores Mónica Sánchez y Jason Day, promotores de la campaña “Un Billón de Pie”. En la foto junto al alcalde Marco Álvarez y vecinos del distrito.

Eve Ensler will be Rising in the Democratic Republic of Congo
Beautiful children at the City of Joy in Bukavu, Democratic Republic of Congo are rising with Eve!

One Billion Rising Maldives:
Marie believes that it should always be a "BIG NO" to violence against women :) We agree with Marie. There should be no excuse whatsoever for violence, and we should always so NO to violence. And Dhonaa promises that he would stand against violence. I promise to stand against violence with Dhonaa. Will you hold hands with Dhonaa and promise that you will also stand against violence?

Donne turche ballano per la campagna 'One Billion Rising' a Istanbul, 14 febbraio 2013
Grande emozione, bella energia... è vero che una rivoluzione può cominciare con un passo di danza. Grazie Donne e Uomini .
Donne turche ballano per la campagna 'One Billion Rising' a Istanbul, 14 febbraio 2013

Grande emozione, bella energia... è vero che una rivoluzione può cominciare con un passo di danza. Grazie Donne e Uomini . Selva
Cottesloe WA is Rising!
 Rising this morning at Cottesloe beach! Have a great day everyone :)
Rising this morning at Cottesloe beach! Have a great day everyone :)

'I need Feminism because my liberation is bound up with hers'

One Billion Rising Bangladesh (উদ্যমে উত্তরণে শতকোটি)
Look out for the Bangladesh flash mob video!

Dance video coming soon!
I dance cause I love
Dance cause I dream
Dance cause I’ve had enough
Dance to stop the screams
Dance to break the rules
Dance to stop the pain
Dance to turn it upside down
Its time to break the chain, oh yeah
Break the Chain
Dance, rise
Dance, rise


Who needs Feminism? Oxford, UK - OUSU Women's social media campaign:
Porta d'Europa (cala Maluk), LAMPEDUSA C'è!
 
Respect. Women. Full stop.
Wow, The Times of India is running 1/4 page ads on what it means to be a man, urging respect for women. This is huge! http://timesofindia.indiatimes.com/campaigntoi.cms

One Billion Rising -  Adelaide is rising!
Adelaide is rising!
<3

Miami is Rising!
OBR @ FIU is ready!!! STRIKE, DANCE, RISE 2.14.13

Turkey is Rising!
Dünya Kadınları ile birlikte Türk Kadınları da Ayaklanıyor !
HAYDİ PAYLAŞALIM...DAHA DA ÇOĞALALIM !
Tüm gönüllü dostlarımız sayfalarında bu resmi bir kez paylaşsınlar.
Fotoğrafta yer almayan şehirler onebillionrising@gmail.com adresimize acilen fotoğraf yollasınlar !

INDIA: AUTORICKSHAW DRIVERS ASSOCIATION TAKES THE PLEDGE TO NOT REMAIN SILENT WHEN IN THE PRESENCE OF VIOLENCE AGAINST WOMEN! Volunteer for the big day. Call or email us ahmedabadrising@gmail.com or +91 79 27550010

OBR Maine: These fabulous women braved the snow in Maine, New England to tell the world why they are Rising! BREAK THE CHAIN!

Men In Skirts are Rising! to oppose violence against women - this February 14th!

(English Below)
גברים בחצאיות נגד אלימות כלפי נשים
ב-14 לפברואר יתקיים יום מחאה בינלאומי נגד אלימות כלפי נשים. אנחנו גברים שהחליטו לעשות מעשה ולהעביר מסר. לומר בצורה ברורה שאין מקום יותר לאלימות כלפי נשים בחברה שלנו.
נשים וגברים משלבים ידיים ואומרים לא לאלימות. בשביל שנשים יוכלו ללכת בבטחון ברחוב בלילה. בשביל שנשים לא ירגישו שוות פחות מגברים. בשביל להפסיק את הניצול המיני והאלימות כלפי נשים הנפוצים כל כך בחברה.

Men in skirts oppose violence against women!
On February 14th the world marks an international day of protest against violence towards women. We are a group of men that decided to act, and send a message. To say loud and clear, that there is no more room for violence towards women in our society.
Women and men join in saying "no" to violence, in saying that women should be able to walk the streets safely at night, should not feel like they are worth any less then men. In saying that the rampant sexual exploitation and violence towards women should cease to exist.

פרטים נוספים ומידע בשפות אחרות בלינק:
More details and information in other languages:
http://www.facebook.com/events/491486040888053/

וגם: http://onebillionrisingisrael.org/

Avaaz.org, One Billion Rising

Photo: Asaf Brenner

Brisbane is Rising! x Members of our awesome Brisbane group!

Barbados is Rising!
Paige Bryan and Zahra Pilgrim.......... are rising!!

ITALIA: Firenze - Viterbo - Roma
 
 
 
 
Melbourne is (fabulously) Rising!
Pre event dance! #OBRMelbourne #1billionrising
Pre event dance! #OBRMelbourne #1billionrising
Dublin is Rising!
Pic from the great event in The Living Room. Some of the women at Rise Up! in Dublin yesterday - the Irish Rise has begun!!!