venerdì 16 novembre 2012

Il Sistema Difensivo Alieno che protegge la Terra




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Introduzione
La mattina del 30 Giugno 1908 alle ore 7.14, un meteorite roccioso di 60 metri di diametro entrò nell’atmosfera ed esplose sopra la Siberia Orientale a circa 6 - 8 Km d’altezza. L'energia liberata fu spaventosa, pari a 1000 bombe atomiche come quella di Hiroshima e la foresta venne rasa al suolo per oltre 2000 Km². Il mondo si accorgerà di quest’evento solo vent’anni dopo grazie alla caparbietà di uno scienziato di nome Leonid Kulik, senza il quale sarebbe rimasto un avvenimento pressoché sconosciuto.
L’evento di Tunguska rimane ancora oggi senza spiegazioni, gli scienziati non hanno prove certe ma solo indizi per teorizzare quello che potrebbe essere accaduto: uno di origine celeste (meteorite o cometa), un’altro di origine tettonica (terremoti anomali registrati prima dell'evento, anomalie magnetiche ecc.), ma da qualche anno a questa parte, sta avanzando l’ipotesi della presenza in Siberia di una costruzione tecnologica non terrestre atta a difendere la Terra dalle minacce dei corpi celesti in rotta di collisione con il nostro pianeta, pertanto, l’installazione aliena sarebbe intervenuta a Tunguska salvandoci da una catastrofe ben maggiore.
Questa teoria, suffragata da una documentazione che sarà proposta di seguito, è stata studiata dal Dr. Costantino Paglialuga, laureato in Chimica presso l’Università di Camerino e dal Dr. Valery Mikhailovich Uvarov, capo del Dipartimento di Ricerche Ufologiche, Paleoscienza e paleotecnologia al National Security Academy di San Pietroburgo Russia, secondo questi scienziati, la distruzione o la deviazione dei corpi celesti, si otterrebbe utilizzando enormi globi di plasma, prodotti dal “macchinario alieno”.
Quello che nel 1908 migliaia di persone videro in gran parte della Siberia era il volo di questi enormi globi di plasma, con il risultato che i testimoni dell’evento di Tunguska attribuirono l’intero fenomeno alla comparsa di una serie di fulmini globulari! Apparentemente le sfere di Plasma sono prodotte da un generatore di energia situato nelle profondità della Terra”.
I primi a venire a conoscenza dell’incombente calamità furono, ovviamente, gli sciamani delle tribù locali: due mesi prima dell’esplosione nella taiga iniziarono a circolare voci sulla prossima fine del mondo, gli sciamani (dopo aver appreso dagli antenati il volere degli dei) cominciarono a spostarsi da un insediamento all’altro, avvertendo le popolazioni limitrofe dell’imminente cataclisma, le quali cominciarono a trasferirsi con le proprie mandrie in posti più sicuri. L’esodo degli Evenki iniziò subito dopo il raduno, avvenuto nel mese di maggio, di tutti i clan nomadi:
Gli anziani stabilirono che bisognava cambiare il tracciato ciclico delle loro emigrazioni e che i clan dovevano spostarsi assieme lungo quello nuovo. Vi fu quindi un’importante circostanza rituale nella quale il Grande Sciamano annunciò la Fine del Mondo”.
Anche gli animali selvatici, rispondendo istintivamente all’influsso negativo del crescente campo elettromagnetico, cominciarono ad andarsene, gli uccelli abbandonarono le loro aree di nidificazione, i cigni lasciarono i laghi, i pesci scomparvero dai fiumi, addirittura un’immensa distesa di taiga, estesa varie decine di migliaia di chilometri quadrati, perse la propria fauna; nelle zone di pericolo rimasero soltanto coloro che non credevano alle parole degli sciamani.
Uvarov riferisce la generazione delle sfere di plasma riportando i resoconti dei testimoni:
A nord-ovest comparve una colonna infuocata a forma di lancia di circa 6 metri di diametro. Una volta scomparsa, si udirono cinque forti e secche detonazioni, come colpi di cannone, distinte e a breve distanza le une dalle altre”.
Dalla stazione commerciale di Teteria furono avvistate colonne di fuoco in direzione nord. Anche in altri luoghi (Kezma, Nizhne-Ilimsk,Vitim) che non si trovavano lungo un’unica direttrice, si osservarono "colonne di fuoco".
Presso la miniera di Stepanovsky (vicina alla città di yuzhno-Eniseisk), trenta minuti prima della caduta del meteorite iniziò un terremoto, in questo istante un testimone che si trovava nei pressi di un piccolo lago improvvisamente vide questi prosciugarsi e dal fondo aprirsi come dei battenti di una porta, sui bordi delle due gigantesche ante erano visibili delle dentellature. Il testimone preso dal panico fuggì e solo dopo aver percorso una considerevole distanza cadde, poté quindi osservare da lontano che al posto del lago ora si innalzava una "colonna di luce splendente", alla cui sommità si trovava una sfera, il tutto accompagnato da un terribile rimbombante ronzio; i suoi abiti presero fuoco ma senza fiamma e le radiazioni gli bruciarono viso e orecchi.
Persone sbalordite asseriscono di aver visto volteggiare sopra il sito dello schianto i globi di plasma sino a tarda sera e questo fatto fu notato da gran parte degli osservatori. Ma non è tutto, perché come leggeremo in seguito, troveremo importanti conferme dell’esistenza di questa installazione nei racconti tradizionali della popolazione locale situata vicino alla zona dell’esplosione di Tunguska, dove le leggende narrano di “fulmini ardenti”, “sfere fiammeggianti” e di tremende esplosioni col risultato che per centinaia di chilometri la superficie circostante si è ridotta ad un deserto disseminato di rocce; il nome antico di questi luoghi in lingua Yakuta è Ulyuyu Cherkechekh, “Valle della Morte”.
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La Siberia, il luogo più inospitale della Terra
La Repubblica di Yakutia (conosciuta anche come Jakutia o Sakha), si trova nella Russia nord-orientale (Siberia), a sud della tundra artica in Russia ed è conosciuta come il luogo abitato più freddo del pianeta Terra.
In questa regione si trova la taiga siberiana, un vasto tratto di foresta di conifere prevalentemente arido, completamente incontaminato e inesplorato come la giungla amazzonica, e che si estende su un territorio disabitato per più di 100.000 kmq nella parte occidentale della Yakutia.
Privo di qualsiasi tipo di strada, il territorio è in gran parte coperto da una fitta foresta, con numerosi alberi sradicati, vaste paludi e consistenti sciami di zanzare, praticamente, lo scenario ideale per l'ambientazione di miti e leggende su strane creature e fatti misteriosi, ed è proprio in queste terre che, secondo i racconti locali, dimorerebbe il Chuchuna, la creatura umanoide conosciuta anche come Yeti o Big Foot, ma un mistero ben più affascinante avvolge questa valle desolata.
Nei pressi del bacino superiore del fiume Viliuy, c'è una zona difficile da raggiungere che porta i segni di un tremendo cataclisma avvenuto circa 800 anni fa e che ha sradicato l'intera foresta e sparso frammenti di roccia per centinai di chilometri quadrati. Secondo i racconti degli abitanti locali, l'intera area sarebbe piena di strane e innaturali strutture metalliche a forma di cupola, situate in profondità nel permafrost, rilevabili in superficie a causa per il loro colore in contrasto con le vegetazione locale.Il nome antico di questa zona è "Uliuiu Cherkechekh", che si traduce, appunto, come "Valle della Morte", perché per gli abitanti del luogo, chi si avventura in questa zona, difficilmente ne può uscire vivo.
I cacciatori nomadi solitari hanno descritto queste cupole come delle grandi "case di ferro" (kheldyu) impiantate nel terreno perennemente ghiacciato, sembra siano fatte di un metallo simile al rame nell'aspetto ma, a differenza del rame, non può essere scalfito o danneggiato. Nessuno è mai stato in grado di tagliare anche un frammento, alcune di queste caldaie - la forma ricorderebbe quella di una pentola capovolta - hanno un'apertura sulla parte superiore, con una scala a chiocciola che conduce fino a una galleria circolare con numerose "camere metalliche" e nonostante i - 40 gradi esterni, i cacciatori affermano che gli interni risultano essere piacevolmente caldi.
Gli anziani del luogo, ovviamente non conoscono l'origine di queste strutture misteriose che chiamano "olgius", i racconti mitici fanno risalire la loro costruzione ai demoni della taiga, Niurgun Bootur e Tong Durai, inoltre, sanno molto bene quanto siano pericolosi per l'uomo questi oggetti. Infatti, si racconta degli effetti che le caldaie hanno sulla vegetazione vicina e delle reazioni fisiche delle persone che si sono avvicinati troppo e per troppo tempo, in passato, c'erano uomini audaci tra i cacciatori locali che avrebbero dormito in queste stanze utilizzandole come rifugio per la notte. Costoro contrassero una malattia sconosciuta, e coloro che vi avevano trascorso diverse notti di fila, ben presto morirono; per questo motivo, gli anziani delle tribù locali hanno dichiarato queste zone maledette, e quindi proibite.
Vecchi nomadi ci hanno addirittura raccontato di alcuni buchi metallici, intorno ai quali giacevano miseramente delle persone di carnagione scura, monoculari e rivestite di metallo, infatti, un giorno, un boscaiolo che lavorava nella zona nell’estinguere il fuoco sviluppatosi nella taiga, si accorse pure lui di queste stranezze giacché, in prossimità della zona incendiata, aveva notato un "buco di ferro" e nelle vicinanze vi erano persone rivestite di metallo.
Costantino Paglialunga ci riferisce di un’importante testimonianza:
«Fu il generale dell'aeronautica russa Vasily Alekseev, ex agente del Kgb, a svelarmi quella che forse è la parte più importante dell'enigma. Mi disse che nella zona più disabitata della Siberia esistevano costruzioni metalliche che non erano terrestri».
«Mi raccontò che i militari russi sono da molti anni al corrente dell'esistenza in Siberia di strane costruzioni metalliche non terrestri. La zona è stata per molto tempo sotto segreto militare con il divieto di sorvolo. E quella zona è tuttora superprotetta perché vi sono stati trovati importanti giacimenti di diamanti e d'oro».
In tempi passati i più audaci tra i cacciatori locali presero a trascorrere la notte in quelle stanze; perché al loro interno la temperatura era mite, poi però costoro iniziarono ad ammalarsi gravemente e quelli che avevano passato li diverse notti di seguito ben presto morirono”.
Un altro testimone, un cacciatore di nome Mikhail Koretskij si recò nella zona l’ultima volta nel 1939, dove s’imbatté in un buco "nero" affiorante dal terreno:
"La Valle della Morte è estesa lungo un affluente destro del fiume Viliuj. In sostanza la zona è composta di un’intera catena montuosa nelle cui vallate vi è il letto del fiume. Per quanto riguarda gli oggetti misteriosi, ce ne dovrebbero essere tanti perché per tre stagioni ne ho visti sette di questi 'calderoni'. Tutti hanno una struttura misteriosa: per prima cosa la loro misura va dai sei ai nove metri di diametro. Come seconda cosa posso dire che sono stati costruiti con un metallo sconosciuto. Questo non è rame, come si diceva. Abbiamo provato tante volte a scalfirlo con uno scalpello ma inutilmente, perché non è stata lasciata nemmeno la traccia sulla sua superficie. Il metallo non si spezza e non si forgia. L’oggetto è protetto da una pellicola di materiale sconosciuto che assomiglia allo smeriglio. Abbiamo trovato poi degli strani pozzi sulla superficie del terreno, comunicanti con delle camere sotterranee, delle quali hanno parlato pure alcuni cacciatori yakuti. La vegetazione attorno a questi oggetti assumeva forme gigantesche: era alta quasi il doppio di un uomo, foglie e rami assai grandi rispetto agli alberi normali. Abbiamo anche pernottato in questi 'calderoni'. Eravamo un gruppo di sei persone e non abbiamo avuto nessuna sensazione strana durante la notte. Al mattino abbiamo lasciato il posto tranquilli, senza alcun timore o disagio. Nessuno di noi si è poi ammalato, tranne uno cui sono caduti i capelli dopo circa tre mesi. Io, invece, ho avuto sulla parte sinistra della testa tre piccole chiazze, per la caduta dei capelli, grandi come la capocchia di un fiammifero; si sono manifestate nella zona in cui c’è stato il contatto con il metallo durante il sonno. Sono state medicate per moltissimi anni, ma non mi sono passate neanche oggi..." 
Nel 1936, lungo il fiume Olguidakh ("luogo del calderone"), un geologo incaricato dagli anziani indigeni si imbatté in quello che aveva tutta l'area di essere una enorme cupola di metallo liscio, di colore rossastro, sporgente dal suolo e con un bordo talmente affilato da "tagliare le unghie". Le pareti dell'oggetto erano circa due centimetri di spessore e, secondo la relazione ufficiale, era possibile vedere l'interno della cupola attraverso un foro sulla parte posteriore.
Nel 1979 una spedizione archeologica da Yakutsk cercò di individuare il luogo descritto del geologo, ma i mutamenti del territorio e della vegetazione avvenuti in più di quarant'anni non consentirono scoprire l'oggetto misterioso. Va detto che in quella località, dicono i locali, si può passare a 3 metri da qualcosa senza nemmeno notarla, che la vegetazione attorno alle cupole è visibilmente più rigogliosa rispetto alle piante circostanti, con gigantesche foglie di farfaraccio e steli lunghi quanto la statura di un uomo.
Le leggende Yakuy sulla “Valle della Morte” contengono, inoltre, molti riferimenti a esplosioni, trombe d'aria e sfere di fuoco fiammeggianti che volteggiano in aria, e tutti questi fenomeni, in un modo o nell'altro, sono connessi con le misteriose strutture di metallo che si trovano nella valle. Si narra che, all'inizio del secolo scorso, fu vista una sfera di fuoco incandescente emergere dal foro principale di una delle cupole e salire verso l'alto sotto forma di una sottile colonna di fuoco. Il fenomeno, accompagnato da un boato sordo, simile al suono registrato durante le esplosioni nucleari, dopo aver raggiunto una notevole altezza volò lasciando dietro di sé una lunga "scia di fumo e fuoco".

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Le scoperte di Richard Carlovich Maak
Uno dei primi ricercatori russi a testimoniare ufficialmente questa presenza è stato R. C. Maak, il quale nel 1853 lasciò scritto:
"In Suntar mi è stato raccontato che nelle vicinanze delle sorgenti del fiume Viliuj vi è un suo affluente chiamato Algyi Timirnit (Grande Caldaia Sotterrata). Nelle vicinanze della sua riva, in mezzo alla foresta, vi è nel terreno come sepolto un grande 'calderone fatto di rame', del quale emerge soltanto una piccola parte della sua struttura. Le sue dimensioni rimangono ignote come pure il significato di questa presenza è oscuro, sebbene che nel suo intorno ci siano tantissimi alberi."
Richard Carlovich Maak nacque il 23 Agosto 1825 nella città di Harensburg, sull’isola di Ezel, appartenente all’epoca all’Estonia, educato in una scuola classica di San Pietroburgo, si iscrisse successivamente alla Facoltà di Scienze Naturali presso la locale Università.
Attratto da tutte le novità e dall’ignoto, per questa ragione, fu selezionato per insegnare nella lontana città di Irkutsk. Il giovane professore della scuola classica accettò però di partecipare alle attività di ricerca del Dipartimento Siberiano della Compagnia Geografica Imperiale Russa e con piacere intraprese delle spedizioni nei bacini dei fiumi quali il Viliuj, Chona e Tunguska Inferiore.
Riferendosi alla storia anteriore a queste spedizioni, Maak ebbe a dire:
"Già vi erano dicerie, logorate dal tempo, che mettevano in condizioni di supporre che l’area del fiume Viliuj, distretto della Yakutia, fosse ricca di ferro, di giacimenti minerali, di pietre preziose e che in molti altri fiumi abbondassero le sabbie aurifere".
La spedizione nel bacino del fiume Viliuj cominciò in pratica nel Gennaio del 1854, su questo fiume i ricercatori lavorarono in gruppi e Maak si assunse il carico più oneroso della spedizione, avendo scelto di andare a nord del Circolo Polare Artico. Dopo essere arrivato in prossimità del fiume Olenek, egli ritornò alle sorgenti del Viliuj e qui la spedizione fu raggiunta da un freddo intenso e da gran gelo, l’ostinato Maak pretese allora che tutti i suoi aiutanti rispettassero gli accordi presi e successivamente riconobbe che considerava tutto quel lavoro una missione d’affari, nonostante ciò, Maak era uno scienziato puro e riuscì a visitare per primo quei luoghi dove cento anni più tardi venne messo a profitto il principale deposito di diamanti della Russia. Maak riportò tutte le sue scoperte nel famoso libro "Il Territorio del Viliuj", edito a San Pietroburgo, nel quale illustrò dettagliatamente le caratteristiche geomorfologiche e meteorologiche della zona del Viliuj ed anche della Yakutia, accompagnate da precisi disegni e da numerose tabelle di dati, tuttora è considerato un testo di notevole importanza scientifica e storica, tanto è vero che è stato ristampato nel 1994 in un unico volume.
Nello studio dell’antica cultura della Yakutia, egli si è trovato di fronte a remote tradizioni che parlavano degli Olguydach, case funzionanti come caldaie.
"Presso la popolazione del bacino del Viliuj Superiore esiste una leggenda sulla sorgente di questo fiume dove vi è una grande caldaia di bronzo chiamata 'olguy'. La leggenda gli attribuisce enorme importanza. La 'casa caldaia' è conosciuta nei pressi degli affluenti del gran fiume anche col nome di Olguydach e per questa ragione è sospetta di fatti mitici come quello di generare del calore."

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Le testimonianze delle tribù locali
Nella Yakutia o Repubblica Saha, esiste un poema epico d'origine antica, l'Olonkho, che ebbe inizio molto probabilmente quando gli antenati vivevano nell'originaria "Terra Madre", situata nella regione compresa tra il Lago Baikal e il fiume Angara. In tale luogo s'intrapresero relazioni con gli antenati dei popoli provenienti dalla Turchia e dalla Mongolia che vivevano nell'Altai e nel Saiany, tanto che i Kurykans, gli antenati della Yakutia, avevano molto in comune con gli antenati del popolo turco durante il periodo compreso tra il VI° e VIII° secolo.

Si ritiene che la comparsa dell'Olonkho si debba collocare tra il VI° ed il XV° secolo e una delle principali caratteristiche di tale poema è di essere una storia originale.
Composto di oltre 200 canti, che sino ad alcuni decenni fa sono stati tramandati solo per via orale o meglio per mezzo di canzoni, presenta differenti eroi e cospiratori: Niurgun Bootor, l'Impetuoso, è il più importante e rappresentativo giacché molto espressivo e sagace. Tale poema epico è stato ricostruito dal fondatore della letteratura saha: Platon Aleksevich Oiuunuskay (1893-1939), famoso poeta, egli era pure un riconosciuto narratore dell'Olonkho, un olonkhosut, ed autore di molti lavori scientifici; la versione russa di tale poema, creata da Vladimir Derzhavin, risale al 1975.
Il 25 Novembre 2005 l'Olonkho è stato proclamato, dal direttore generale dell'Unesco, uno dei tanti capolavori facenti parte del Patrimonio Orale e Intangibile dell'Umanità con lo scopo di valorizzarlo e preservarlo.

Nella saga del Niurgun Bootor, l'Impetuoso, si trovano notizie sugli oggetti strani ed anche su esplosioni veramente forti che ogni tanto accadono sin dai tempi più remoti, gli antichi nomi geografici della zona occupata dagli yakuti e dai tungusi, corrispondono totalmente al contenuto della leggenda, ma danno un'indicazione approssimativa sugli oggetti coperti dal terreno ghiacciato. Nello specifico, il poema ci narra che gli oggetti sconosciuti apparvero nel tempo più remoto, alcuni di essi sono delle grandi "case di ferro" che posano su appoggi multipli laterali, non hanno né porte né finestre, ma solo un ingresso spazioso che permette di scendere con una specie di scala a chiocciola e che rassomiglia alla "gola" di un enorme buco, sistemato alla sommità di un'altissima cupola. Altri oggetti sono dei "coperchi" semisferici che si trovano in diversi posti e un "rampone trilaterale di ferro" che si vede emergere dalla terra solo in parte, ma con l’andar del tempo tutti questi manufatti si sono quasi completamente nascosti nel gelo perpetuo.
Le esplosioni, che ogni tanto succedono nella zona, sono strettamente legate a questi oggetti misteriosi, la leggenda parla anche della causa reale di tutti i vari disastri avvenuti. Si tratterebbe di un "cratere misterioso" eruttante fumo e fuoco, con un coperchio d’acciaio dentro il quale si trova un intero paese sotterraneo, in esso vivrebbe l’enorme gigante Uot Usumu Tong Duuray, il cui nome significa "alieno malvagio", che buca la terra e si nasconde sotto di essa: egli, con un turbine di fuoco, distrugge tutto quello che trova nel suo intorno, seminando infezione e lanciando un "pallone" di fuoco, la leggenda aggiunge inoltre, che con quattro tuoni successivi, questo pallone si dirige ad un’altezza sempre più alta fino a scomparire dietro l’orizzonte dei cieli gialli occidentali, lasciando una "traccia di fuoco e fumo".
Visto così, l’eroe era considerato un personaggio positivo, dato che andava a distruggere delle altre tribù, ma sembra proprio che l’immagine data dalla leggenda sia incredibilmente simile a quella che si è verificata nella Tunguska nel 1908. Al momento dell’uscita dell’eroe malvagio Tong Duuray dal cratere, nel cielo appariva il messaggero del "Dyesegey Celeste", il gigante Kun Erbye, il quale, come una stella cadente più veloce del fulmine, attraversava il cielo per avvertire Nurgun Bootor della battaglia che stava per cominciare.

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Disseminando una bufera di pietre,

facendo balenare lampi e rimbombare

un quadruplice tuono dietro di sé,

Niurgun Bootor volava senza deviare...

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La sua descrizione nelle leggende è simile alla situazione di volo e dell’esplosione del bolide di Chulym che è penetrato nell’atmosfera fino all’altezza di circa 100 Km, ripetendo esattamente la traiettoria del meteorite della Tunguska ed è esploso con un fascio di scintille sopra il fiume Chulym il 26 febbraio 1984, i pescatori della zona, hanno inoltreosservato che da dietro le colline, situate verso il nord, sono saliti verso il cielo due grandi palloni illuminati e che sono spariti dietro le nuvole; in ambedue i casi si parla della direzione nord, dove si trova l’epica "Valle della Morte".

Per ritornare alle leggende, il più grande evento descritto riguarda proprio l’uscita di Tong Duuray dalle profondità terrestri e la sua battaglia con Nurgun Bootor: prima dal “cratere” usciva un turbine di fuoco rassomigliante ad un serpente, sul cui apice si formava un “pallone di fuoco” che, dopo una serie di colpi di tuono, si lanciava verso il cielo. Insieme con lui, dalla terra, usciva la sua scorta “uno sciame di turbini sanguinari e perniciosi”, che creavano distruzione nei dintorni; a volte succedeva che Tong Duuray incontrasse Nurgun Bootor proprio sopra il luogo della sua uscita, dopo di ché la zona rimaneva senza vita per moltissimo tempo.

In genere, la situazione di questi eventi è ben variegata: dal cratere potevano uscire più "giganti di fuoco" alla volta, volare per un certo tempo e poi esplodere tutti insieme, lo stesso succedeva anche nel momento dell’uscita di Tong Duuray e gli strati di terreno lasciano capire, in particolare, che tra le successive esplosioni potevano passare dai 600 ai 700 anni. La leggenda ne parla con colori vivaci, ma l’analfabetismo ha impedito di documentarle in una maniera più accessibile e più vicina alla nostra civiltà.

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...Imprendibile in volo, privo di ombra,

il fulmineo araldo, messaggero del Celeste Dyesegey,

sfolgorante nella sua cotta metallica, più repentino

del lampo, Kun Erbye, il campione.

Sfrecciava, come stella cadente, solo l'aria sibilava

dietro di lui... Sfrecciava come un dardo oltre i limiti

dei gialli cieli occidentali, sino alla rapida

china inferiore dei cieli sospesi sopra l'abisso.

Sfrecciava alto; solo il tuono rumoreggiava...

Un fuoco blu ardeva dietro di lui, un fuoco bianco

imperversava nella sua scia, scintille rosse volteggiavano.

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L'evento di Tunguska
L’evento accaduto a Tunguska è solo l’apice di una serie di manifestazioni cominciate ben due mesi prima, questi fenomeni "anomali" sono imputati secondo Valery Mikhailovich Uvarov a effetti collaterali dell’impianto siberiano mentre attingeva energia dal pianeta, al fine di produrre enormi globi di plasma destinati a distruggere il corpo cosmico: l’ubicazione stessa dell’installazione non sembra essere casuale, il periodico scientifico Russo Tekhnika Molodiozhi (numero 1, 1984) avrebbe pubblicato l'esito di una ricerca che parla di una "super-amomalia" magnetica (definita il terzo polo magnetico terrestre) le cui origini arrivano da una profondità di mezzo raggio terrestre, sotto la Siberia orientale. Questa sembrerebbe l’ubicazione e la fonte dalla quale si alimenta il macchinario alieno, l’effetto dell’installazione fu così potente che nei giorni precedenti l’esplosione del 30 giugno, in molti paesi d’Europa, così come nella Siberia Occidentale, l’oscurità notturna fu sostituita da un’insolita luminosità, come se quelle aree stessero sperimentando il fenomeno delle “notti bianche” tipico dell’estate ad alta latitudine.

Ovunque facevano la loro comparsa nubi argentee che si estendevano da est a ovest lungo le linee di forza, risplendenti nella luce dell’alba e del crepuscolo, probabilmente questa enorme energia sprigionata era un effetto collaterale dell’installazione che stava immagazzinando una grande quantità di energia dal pianeta.
(“Un’attenta disamina delle anomalie ottiche riscontrate nel periodo tra giugno e luglio del 1908 conferma la supposizione che i primi segni fossero ravvisati già diversi giorni prima della caduta del meteorite: si suppone il 23, 25 o 29 giugno. Tali anomalie includono anomali bagliori nel cielo, nubi nottilucenti luminose non viste prima, disturbi nel normale cammino dei punti neutri Arago e Babinet e la comparsa di aloni solari prolungati. All’inizio del 1° luglio scomparvero in maniera esponenziale”. Vladimir N. Vasilyev Planet.Space Sci., vol.46, N.2/3., 1998).

Prima e dopo l'esplosione di Tunguska furono registrate in Artico delle Aurore Boreali non previste, cioè non provocate dal sole, lo studio è stato pubblicato negli anni '60 dagli studiosi Kovalevsky, Ivanov, Plehkhanov,Zhuravlyov e Molotov, ma la domanda è questa: come possono esserci aurore boreali se non è il Sole a provocarle? Forse è un altro "effetto collaterale" dell'impianto Siberiano? 
Il professor L. Weber dell’Università di Kiel osservò deviazioni regolari, periodiche e inusuali dell’ago della bussola, questo effetto si ripeté ogni pomeriggio dal 27 giugno fino al 30 giugno 1908 (il giorno dell’evento). Le registrazioni sembravano quelle di tempeste geomagnetiche, in genere associate con l’attività elettrica solare, che però non erano previste per quel periodo, pertanto, da cosa furono generate queste anomalie: un altro effetto collaterale dell’impianto siberiano?
Secondo le ricerche del geofisico Andrei Ol’khovatov proprio il giorno della immane catastrofe in quella zona erano in corso sia perturbazioni simiche che meteorologiche di grande entità, come ha notato E. Krinov, uno dei ricercatori che si è occupato di Tunguska: “Vi era la sensazione dell’avvicinarsi di qualche insolito fenomeno naturale”.

E’ lecito pensare che tutta quella zona fosse soggetta a sconvolgimenti ambientali dovuti all’enorme energia raccolta dall’installazione. Negli archivi dell’ex osservatorio meteorologico e magnetico di Irkutsk, sono state scoperte annotazioni scritte da A. K. Kokorin, osservatore meteorologico, a circa 600 chilometri di distanza dal luogo dell’esplosione di Tunguska.
Nel suo registro, nella sezione “Note”, è contenuto un commento di eccezionale importanza, il quale indica che nella circostanza in questione vi era più di un corpo in volo.
Alle 7.00 due cerchi (sfere) infuocati di dimensioni gigantesche (60 metri di diametro secondo le testimonianze oculari) sono apparsi In direzione nord, per poi scomparire a distanza di 4 minuti; subito dopo il loro allontanamento si è udito un forte rumore, simile a quello dl vento, che si propagava da nord a sud e che è durato circa 5 minuti, ad esso sono seguiti suoni e tuoni, come detonazioni di enormi armi da fuoco, che hanno fatto tremare le finestre. Queste sono durate 2 minuti… e ad esse è seguito un suono secco come quello di un colpo di fucile, questi ultimi suoni sono durati 2 minuti. Tutto è avvenuto in piena luce del giorno.”

Si tratterebbe delle sfere che si stavano dirigendo sul luogo dell’esplosione; da notare l’ora dell’avvistamento, le 7.00 AM, mentre l’esplosione di Tunguska avvenne alle 7.14.
Il geofisico Andrei Ol’khovatov afferma che la disposizione degli alberi attorno all’epicentro dell’esplosione, non suggerisce in alcun modo l’idea del violento impatto di un corpo celeste, bensì l’effetto vorticoso di un plasma di altissima energia: infatti questo effetto di vortice che avrebbe fatto letteralmente ruotare gli alberi – come di fatto si è verificato nell’area dopo l’esplosione – è maggiormente pronunciato nell’epicentro che non a 20 chilometri di distanza da esso; se la causa dell’esplosione fosse stata un corpo celeste si sarebbe dovuto osservare l’esatto contrario.

E’ risaputo che alcune chiazze di vegetazione nel luogo dell’esplosione sono rimaste misteriosamente intatte, merito probabilmente delle nuvole a “pecorelle”, che avrebbero protetto alcuni sprazzi di terreno dal rogo irradiante. I testimoni raccontano dell’esplosione come una grande luce improvvisa “cinquantamila volte più luminosa del sole” accompagnata da un “calore terribile” e da una “spaventosa lingua di fumo nero”.

L’astronomo Felix Zigel scrisse nel 1961 su Znaniye-Sila:
Secondo le testimonianze raccolte si può affermare che l’energia radiale dell’esplosione di Tunguska era pari a un’alta percentuale dell’energia totale. Un esplosione chimica è da escludersi perché in un scoppio di questo genere il rapporto dei parametri è molto inferiore”.
Zigel ha stimato la temperatura in decine di milioni di gradi e guardando i rami bruciati nella zona del disastro Zigel capì inoltre che il calore fu istantaneo e non causato da un incendio. 

Zolotov, eminente geofisico, durante una spedizione da lui guidata a Tunguska tra il 1959-1960 osservò un alternarsi di parti bruciate e parti intatte in tutta la zona e un alternarsi di rami bruciati e rami incolumi nello stesso albero completamente arso. Zigel commentò: “Ciò significa che la bruciatura degli alberi fu causata da una radiazione luminosa proveniente dalla zona dell’esplosione e che le bruciature sugli alberi furono possibili solo la dove rami e foglie non schermavano la corteccia.”
Secondo le testimonianze raccolte, la mattina dell’evento il popolo dei Tungusi osservò scariche elettriche a cielo sereno “come fulmini” che colpirono violentemente il terreno, in corrispondenza dell’epicentro gli scienziati hanno scoperto luoghi in cui l’80% degli alberi sono stati colpiti. Si è scoperto, inoltre, che gli alberi e le piante cresciute dopo l’esplosione del 1908 invece di raggiungere i 7 - 8 metri d’altezza nella loro crescita, in realtà hanno raggiunto l’altezza di 17 - 22 metri, dimensioni che in natura si possono conseguire solo dopo duecento o trecento anni, mentre il suddetto risultato è stato ottenuto in circa 60 anni. La circonferenza dei tronchi degli stessi alberi, inoltre, ha raggiunto un valore quattro volte superiore quello normale giacché gli anelli, prima del 1908, avevano uno spessore medio di 0,42 mm e dopo l’esplosione presentavano anelli dell’ordine di 5 - 10 mm.
Lo scienziato Sobolev ha parlato di un cambiamento genetico per spiegare queste anomalie che hanno causato una velocità d’accrescimento come minimo 100 volte superiore a quella normale, tale effetto però afferma lo studioso:
Non può essere attribuito esclusivamente ad una esplosione nucleare o qualcosa di simile. Viene spontaneo però credere che delle radiazioni particolari, con un livello molto intenso, abbiano colpito quella vasta area ed abbiano dato uno stimolo notevole alla crescita d’ogni genere di vegetazione. Nella Tunguska non si sono verificati effetti di natura nucleare, naturalmente per come noi li conosciamo, per il semplice fatto che la vita in quella zona si è perpetuata ed accresciuta, pur avendo avuto un impulso nell’aumento di ritmo riproduttivo cellulare”.

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Conclusioni
Per 50 anni i militari hanno posto un'attenzione molto seria su questo misterioso territorio siberiano, vi hanno condotto addirittura dei test nucleari, i cui risultati hanno lasciato esterrefatti gli stessi specialisti e non solo quelli russi.

Nel Settembre del 1990 la stazione radio tedesca "Radio Deutsche Welle" ha reso noto che nel 1954 è stato effettuato un test atomico della potenza di 10 kiloton che in pratica è risultato di una potenza pari a 20-30 megaton, testimoniato del resto da tutte le stazioni sismiche dislocate in varie località del pianeta. La causa di una così inaspettata e considerevole divergenza, prodotta dalla misteriosa esplosione, non ha avuto una spiegazione plausibile.
La TASS, in tale circostanza, diffuse la notizia che era stata fatta esplodere una bomba all’idrogeno d’imprecisata potenza, i militari, inquieti per questo risultato, ispezionarono accuratamente il terreno e, avendo scoperto oggetti strani ma funzionanti e sporgenti dalla superficie, li investigarono per alcuni anni; le zone del ritrovamento furono confinate come pure furono vietati sorvoli d’aerei.
Un testimone attendibile ci ha confermato che in quasi 50 anni d’investigazioni, sono stati abbattuti moltissimi alberi della taiga e addirittura è stata completamente rovesciata una collina, si è scoperto così un oggetto acuminato, a forma di triedro, di circa tre metri di diametro; immediatamente dopo la scoperta, la zona fu dichiarata di massima segretezza. L’insorgere del "top secret" per opera del potere militare, portò anche alla diffusione di notizie false e probabilmente furono minacciati tutti coloro i quali avrebbero potuto fornire informazioni in merito. Non è stato difficile raggiungere tale obiettivo giacché il popolo yakuto, supportato dalle proprie leggende, era già stato avvertito di fare molta attenzione agli oggetti interrati, dato che erano molto pericolosi per la vita degli uomini.
I cacciatori, come pure gli allevatori di renne, sapevano che gli strani oggetti metallici potevano rappresentare un valido riparo al forte freddo siberiano, perché al suo interno trovavano un clima ottimo come quell’estivo, nacque egualmente la diceria che coloro i quali vi avessero pernottato, avrebbero potuto contrarre strane malattie che in certi casi potevano portare alla morte.

Lo stesso professor Antonov, abitante a Suntar, ha confermato l’esistenza degli oggetti interrati ma ha sconsigliato nel modo più assoluto di toccarli o entrarvi, pena una sicura morte. Le sue ricerche, iniziate nel 1992, si sono concluse felicemente, soprattutto per aver usufruito dell’aiuto di un cacciatore, abitante in un villaggio della zona di Oleminsk, ha asserito inoltre di aver trovato un oggetto metallico che arrivava sino alla profondità di 40 metri. La zona indicata, però, è esattamente opposta a quella della Valle della Morte, situata praticamente a sud del fiume Viliuj, anche questa è un’immensa zona disabitata, coperta quasi esclusivamente dalla taiga e costellata dalla presenza di numerosi fiumi, affluenti dello stesso Viliuj e del grande fiume Lena. Il destino ha voluto che anche in quest’enorme superficie della Yakutia, proprio al confine con il fiume Viliuj, i militari sovietici nel lontano 1969 facessero esplodere una bomba nucleare di notevole potenza, arrivata con un missile dalla lontana Bielorussia.

Inutile raccontare l’inquinamento provocato dall’esplosione sulla superficie terrestre, avvenuta a qualche centinaio di chilometri proprio dalla capitale Yakutsk. Secondo alcune ipotesi, le cupole potrebbero essere i rottami di un'antica astronave distrutta in un incidente o in una battaglia aerea, mentre il ricercatore russo Valery Uvarov, afferma che le misteriose cupole della Siberia non sono altro che un'arma costruita in antichità dagli extraterrestri per proteggere il nostro pianeta da eventuali pericoli esterni, tipo meteoriti o alieni ostili.
Il sistema di difesa, composto da numerose cupole interrate, sarebbe collegato ad una centrale elettrica costruita nelle profondità del suolo e capace di operare automaticamente, proteggendo la Terra da minacce esterne.
Uvarov è convinto che il sistema di difesa extraterrestre sia entrato in funzione tra volte negli ultimi cento anni: nel 1908 abbattendo il famoso meteorite di Tunguska; nel 1984 distruggendo il meteorite Chulym - penetrato nell’atmosfera fino all’altezza di circa 100 Km, ripetendo esattamente la traiettoria del meteorite della Tunguska ed è esploso con un fascio di scintille sopra il fiume Chulym - e, più recentemente, il meteorite Vitim nel 2002.
Oggi, avendo riscontrato un significativo aumento dei livelli di radiazione nella zona e il progressivo abbandono dei boschi della fauna selvatica, il ricercatore russo ha l'impressione che il sistema si stia preparando a scongiurare una nuova minaccia imminente.

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