lunedì 19 gennaio 2015

La Risorsa ARIA

Sappiamo che l'atmosfera è una sfera fondamentale per la vita del nostro pianeta. La sua composizione chimica assume un ruolo fondamentale nelle interazioni con il Sole ed è importantissima nella regolazione del clima. Tale composizione varia con l'altitudine, ed in funzione della presenza di zone più o meno antropizzate. Soprattutto l'anidride carbonica forma una sorta di sistema coibentante di gas che mantiene la terra calda rispetto a valori medi costanti. Questa funzione, simile a quella operata da una serra (da cui il termine di “effetto serra”) è di notevole importanza nell’equilibrio del sistema climatologico mondiale e quindi degli equilibri ecosistemici.

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L’ecosistema rappresenta quel motore ambientale che ricopre un ruolo determinante nella produzione gassosa e soprattutto nella qualità della stessa. L’influenza dell’ecosistema sull’equilibrio atmosferico ha determinato nelle epoche della terra notevoli cambiamenti a tal punto da rappresentare uno dei fondamentali fattori della qualità dello stesso.

Negli ultimi tempi una delle componenti dell’ecosistema, e cioè l’umanità, con tutte le sue funzioni termodinamiche è entrata prepotentemente (o meglio, in maniera tangibile) nella funzione degli equilibri atmosferici, a tal punto (soprattutto negli ultimi 50 anni) da rappresentare una questione di interesse planetario considerevole. 
  Tale questione ha prodotto due fattori di notevole interesse sociologico e politico: 

1. Per la prima volta, nella storia dell’umanità, si è ingenerato un interesse planetario comune sulla necessità di risolvere globalmente la delicata funzione dell’incidenza delle attività umane sull’ambiente. La conferenza di Kyoto rappresenta il primo concreto tentativo di politica transnazionale sui modelli di sviluppo antropici compatibili con le necessità ecosistemiche ed ambientali; è in pratica un protocollo di regimentazione dei principi sullo Sviluppo Sostenibile sanciti dalle Nazioni Unite nel 1987.

2. La questione ambientale è divenuta luogo di agorà internazionale, richiedendo sempre più una visione delle cose che superi il limite territoriale e socioculturale dei singoli paesi. Così la delicata questione delle risorse ecosistemiche (tra cui soprattutto le foreste e le attività agroambientali) dovrà necessariamente trovare un minimo comune multiplo senza il quale anche la più lungimirante delle politiche di un singolo stato non potrà raggiungere gli obiettivi prefissati. A quest’ultima questione è legata ovviamente una sensibilità scientifica e politica nuova. Si tratterà sempre più di trovare soluzione di sviluppo socioeconomico non contrastanti (anzi in linea) con le delicate regole dell’ecosistema. 

Questo perché IL SISTEMA ECOLOGICO, nel suo insieme perfettamente integrato, minimizza i rifiuti.
Nulla o quasi nulla di ciò che viene prodotto da un organismo va sprecato: ogni minima scoria costituisce per un altro organismo una fonte di materiale utilizzabile o di energia.
Vivi o morti, tutti gli animali e le piante e i loro prodotti di rifiuto costituiscono cibo per un altro organismo vivente.
I microrganismi consumano e decompongono i rifiuti dopodiché, a loro volta, diventano nutrimento per altri organismi più grandi e così via lungo la catena alimentare. Ma non hanno lo stesso effetto i rifiuti degli umani che consentono uno stato di degrado e abbandono in cui versano molti dei nostri boschi deturpati, oltre che dai rifiuti, da tagli indiscriminati, incendi e atti di puro vandalismo, per non parlare dei diversi progetti di "valorizzazione turistica" o “urbanistica”che rischiano di cancellare il verde sotto una coltre di cemento. Per tale motivo la conoscenza delle regole dell’ecosistema e le regole di base per poterlo salvaguardare o addirittura promuoverlo rappresentano la nuova frontiera su cui ogni azione deve confrontarsi anche se non esplicitamente legata. Si tratta di una evoluzione dell’idea politica di gestione del mondo. Da quella dello sfruttamento delle risorse (di qualunque natura) a quella del mantenimento delle stesse (con regole di utilizzo simili agli equilibri ecosistemici). 

L’opinione pubblica si è molto interessata a questioni come la tutela dei grandi polmoni d’ossigeno del mondo (la foresta amazzonica in primo luogo) trascurando come al solito, perché fa meno notizia, il fatto che nel futuro prossimo venturo la gestione delle risorse e la sua tutela vedrà l’uomo stesso quale artefice e pianificatore. Intendiamo dire che la tutela del patrimonio mondiale non passa solo dalla protezione delle grandi aree verdi del pianeta ma anche e soprattutto, in un’ottica di gestione delle risorse del futuro, dalla pianificazione e promozione della superficie terrestre verso una nuova ridistribuzione del “verde”. Il concetto di “verde” si riferisce ovviamente non solo alle superfici boschive, di cui ogni paese si dovrà fare promotore della tutela di una quota parte, ma anche delle produzioni agrarie e agroambientali. 

Noi crediamo che sia più importante trovare urgentemente le regole che evitino la deforestazione che scandalizzarci perché questa avvenga. 

Questo è un modo di fare ambientalismo più corretto. 

Non possiamo dire ai piccoli o grandi distruttori del verde: fermatevi, se poi non ci siamo sforzati di trovare un modo “alternativo” per farli fermare. Il primo modo è sicuramente più da opinione pubblica (ma non inutile), il secondo modo è più complesso e richiede una cultura scientifica e sociopolitica più “sofisticata” ma molto più coscienziosa. Su questo aspetto vale la pena soffermarci un po’ di più. 

La questione è che proprio i paesi in via di sviluppo sono quelli che utilizzano di più il patrimonio ambientale (tra cui le foreste per la produzione di legname) per poter competere con gli stati più ricchi e tecnologicamente più avanzati. È l’unico modo che hanno per poter diminuire il loro deficit economico con questi. 

Ora da un lato ci scandalizziamo perché questi paesi deforestano e deturpano ma siamo proprio noi (paesi ricchi) a non attuare alcuna politica che tenda a rimuovere le cause di questa malformazione socioeconomica. Per questo abbiamo bisogno di grandi politiche internazionali, non di solo livello finanziario; abbiamo visto che nel mondo globale l’attuazione della Politica basata solo sulla finanza provoca distorsioni ed ingiustizie sociali sempre più macroscopiche.

Sembrerà fuori tema una disquisizione del genere sulla questione della Risorsa Aria, ma dobbiamo imparare a valutare le cose in maniera meno settoriale se vogliamo veramente comprendere e saper affrontare globalmente i problemi del futuro p.v.
Guido Bissanti

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